Squadre di subacquei al lavoro per la posa dei cassoni
Fin dalle prime fasi di realizzazione del Sistema Mose, squadre di sommozzatori si sono alternate per eseguire diverse lavorazioni: dal posizionamento degli “acropodi” sui moli foranei e sulle scogliere, dalla disposizione dei “materassini” in geotessuto per la protezione dei fondali alle bocche di porto, alla messa in opera dei pannelli prefabbricati sulle pareti della conca di navigazione, fino alla posa dei cassoni di soglia che dovranno contenere le paratoie.
Si tratta di lavorazioni molto particolari, che esigono professionalità ed esperienza: i sub operano nei canali delle bocche di porto, a profondità che vanno dai -6 metri fino ai -25, con moto ondoso e forti correnti e, soprattutto, in presenza di mezzi navali in movimento.
Alla bocca di porto di Chioggia, in questo periodo, per la messa in opera dei cassoni della barriera del Mose, c’è un team di 42 subacquei altamente specializzati. Tre gruppi di operatori si stanno alternando 24 ore su 24, dalla fase di trasporto in galleggiamento del cassone dalla tura all’affondamento nello scavo predisposto a -22 metri di profondità. Sono olandesi del Strukton Immersion Projects Team, diretti dal comandante Maurice Reijm.
A Malamocco, nel frattempo, una squadra di 10 sub della ditta Nautilus sta preparando le piastre per la posa dei cassoni nel canale della bocca di porto: operano all’interno dello scavo a –25 metri di profondità, al di sotto del fondale, in attesa del varo e dell’affondamento del cassone di “soglia” previsto per il prossimo lunedì.
Sempre a Malamocco, ben tre team di operatori subacquei si sono avvicendati per la posa in opera delle porte scorrevoli nella conca di navigazione. Tra questi sub anche una giovane donna, Mariangela De Giorgio, di Mazara del Vallo, laureanda in ecologia marina e operatrice subacquea, che ha guidato la squadra di Idra.
Lo stesso team, sempre con a capo la De Giorgio, sta ultimando in questi giorni la messa in sicurezza e la ristrutturazione della banchina della Novissima all’Arsenale nord: lavorano in immersione senza “casserare”, ovvero senza mettere “a secco” con il palancolato. Questo permette di ottimizzare costi e tempi di realizzazione.
“Al contrario delle apparenze – dice De Giorgio – le nuove tecnologie fanno sì che per andare sotto acqua serve sempre più la testa che la forza bruta e quindi anche le donne sub saranno sempre meno una rarità.”
“Nell’ultimo decennio – racconta Eros Turchetto fondatore insieme a Paolo Zanetti della ditta Idra – la professione, che era prevalentemente maschile, si è aperta anche alle donne. In Italia su circa 5.000 sub professionali si contano una quarantina di donne”.
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Venezia, 16 luglio 2014
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