Nel corso degli anni la frequenza degli eventi di alta marea è aumentata: a Venezia, la media annuale degli eventi uguali o superiori a +80 cm, è passata da circa 10 casi nella prima metà del Novecento, a oltre 40 casi nella seconda metà, fino a raggiungere quasi 60 casi negli ultimi cinque anni. All’inizio del 1900 la media degli allagamenti delle parti più basse della città (calcolata su 100 anni) era di 90 eventi. Oggi è di 3.900. Le acque alte si verificano per lo più nei mesi invernali (l’80% circa fra ottobre e febbraio), quando cioè sono più frequenti le perturbazioni cicloniche e le basse pressioni, con una durata media di circa 3 ore.
Il rischio dell’evento estremo è sempre presente. L’alluvione più violenta e drammatica che i veneziani ricordino è quella del
4 novembre 1966, quando l’acqua raggiunse i +194 cm sul mareografo di Punta della Salute. Quel giorno, il mare, sospinto da un forte vento di scirocco, sfondò il litorale a Pellestrina e a S. Pietro in Volta e si riversò in laguna. Venezia, così come gli altri centri lagunari, fu completamente sommersa da un metro d’acqua. I danni furono incalcolabili. Emerse allora la consapevolezza che la sopravvivenza stessa della città non sarebbe mai più stata certa se non si fosse intervenuti per difenderla.
All’inizio del 1900, un evento come quello del 1966 aveva un periodo di ritorno di 1000 anni (era cioè quasi impossibile). Lo stesso evento, oggi, può verificarsi ogni 140 anni e con un innalzamento del livello del mare di 20 cm, ogni 40 anni. Dunque, gli eventi estremi non sono più probabilità remote, ma certezze matematiche. L’unica variante indefinita è quando e come si presenteranno. Venezia, infatti, si è infilata nella "fascia intermareale", non ne è più al di sopra come quando fu edificata: una massiccia documentazione statistica sulle acque medio alte ne è la dimostrazione scientifica.
Il verificarsi del fenomeno delle acque alte è legato principalmente a due componenti che influenzano, su scale temporali differenti, il livello del mare: l’innalzamento temporaneo del livello marino per effetto combinato della marea astronomica e della componente meteorologica e l’abbassamento relativo del suolo rispetto al livello medio del mare, per effetto di due fattori agenti su lunga scala temporale: la subsidenza (abbassamento del suolo) e l’eustatismo (innalzamento del mare).
La subsidenza nell’area lagunare ha due componenti: una naturale ed una antropica. Il processo naturale in questo secolo ha complessivamente causato una perdita di livello di circa 4 cm, notevolmente aggravata dalla componente antropica, consistita soprattutto nello sfruttamento delle risorse idriche sotterranee, operato per scopi industriali a partire dagli anni Trenta. Il prelevamento delle acque di falda ha provocato diminuzione di pressione nel sottosuolo e quindi una compattazione del suolo stesso. La fase più critica di questo processo è iniziata negli anni cinquanta ed è peggiorata fino al 1970, con un abbassamento medio del suolo di oltre 12 cm a Marghera e di 8 cm a Venezia. Da allora si è bloccato lo sfruttamento delle risorse idriche di origine artesiana ed il risultato è stato un rapido incremento di pressione nelle falde con conseguente piccolo, ma importante recupero altimetrico del suolo.
L’eustatismo è legato alle modifiche climatiche del globo terrestre. Durante i periodi freddi, le precipitazioni vengono trattenute sui continenti sotto forma di ghiacci e di conseguenza il livello del mare si abbassa; il contrario avviene nei periodi caldi. Dopo l’ultima glaciazione (circa 15000 anni fa), il riscaldamento dell’atmosfera provocò un sensibile aumento del livello del mare. Nel corso dell’ultimo secolo la risalita eustatica per la città di Venezia, indipendentemente dalla sua subsidenza, è in media 1,27 mm/anno.